Immersione sul "Togo"

Profondo Rosso

testo di Cristina Freghieri - foto di Massimo Paolini

 

I raggi del sole, preludio alla stagione estiva ormai imminente, illuminano la superficie del mare avvolgendo la baia di Cavalaire, mentre il vento soffiando dal mare increspa l’acqua sollevando con violenza spruzzi salati trasportandoli sino al molo. Con prepotenza sibila tra gli alberi maestri delle imbarcazioni ormeggiate.

Oggi, forse, l’immersione sul Togo, resterà nei nostri desideri.

Imbacuccati nelle giacche a vento, guardiamo speranzosi l’orizzonte alla ricerca di un segnale di miglioramento riguardo alle condizioni del vento. Le ire del turbolento dio Poseidone, sembrano non voler rallentare offrendo allo sguardo una cornice suggestiva al mare che si infrange prepotente contro i frangiflutti della baia. Cerca di impossessarsi anche delle acque del porto, raggiungendo il molo dove, riparati e ormai rassegnati all’idea della perduta imminente, aspettiamo il verdetto definitivo: si andrà o non si andrà a vedere il tanto decantato Togo?

Il tempo scorre mentre si disperde il nostro desiderio di immersione.

Mai cedere nelle aspettative! In lontananza, improvvisamente un gommone giallo che sembra volare sull’acqua, dirige verso di noi al punto d'imbarco. Romba, indietreggia e ormeggia con una semplicità incredibile. "Presto, facciamo presto" dichiara il comandante del “potente” mezzo, "prima che il vento rinforzi dobbiamo uscire dal porto". In men che non si dica carichiamo ogni cosa sul "gommone spaziale" e dopo aver fissato e legato con cime le attrezzature, lasciamo il porto di Cavalaire, pronti ad una sinuosa danza sulle onde. Le risate e l'ironia di gruppo animano lo spirito avventuriero dei subacquei in situazioni come queste, un po’ disagevoli, aiutando a superare ogni remora iniziale. Siamo pronti all’incontro con il dio Poseidone…, eccoci in mare! Il vento ci contrasta per tutto il tempo della traversata e, tra una bevuta d’acqua salata e sobbalzi, arriviamo sul punto d’immersione dove tra le onde, emerge una piccola boa rossa. Sotto la boa è fissata la cima che ci condurrà al relitto.

Il nostro capitano, con un paio di manovre si avvicina alla boa e catturata la cima ancora il gommone. Spento il motore, diamo il via ai preparativi dell’immersione. Tra un’ondata d’acqua e uno schiaffo di vento, completiamo la vestizione sopra un gommone che sembra voler gareggiare in una danza scatenata. Al “pronti via” generale ci spingiamo all’esterno del gommone per entrare finalmente in acqua! Pochi secondi e ci caliamo velocemente sotto la superficie per sfuggire a quella tortura mobile e liquida.

Sorpresa! La corrente a soli dieci metri sotto la cresta d’acqua è meno forte del previsto. Via, verso il nostro tanto desiderato Togo. Rilassati dall'abbandono del birichino Poseidone, lo imploro mentalmente nella speranza di godere di una buona visibilità. A –20 metri dalla superficie, resto senza “parole”, anzi senza "bolle"! L’acqua di un blu cobalto è di una trasparenza incredibile. Di fonte ai miei occhi una visione suggestiva e seducente emerge dal blu: è il Togo in perfetto assetto di navigazione.

Abbandonata la cima di discesa ci lasciamo cadere nell'abbraccio avvolgente di questo relitto. Planiamo lentamente verso il centro dello scafo privo delle strutture che ne formavano il ponte. Le fiancate scarne ci sovrastano. Resto per qualche istante ad osservare ciò che mi ruota intorno. Un relitto suscita sempre un’attrattiva legata al passato, al suo vissuto. Rapiti dalla situazione magnetica il compagno ed io dirigiamo verso prua superando il cassero, mentre le prime emozioni si stampano nella mente e lo sguardo spazia alla ricerca della sua storia silenziosa. Ma non è semplice, la sua anima si nasconde in un giardino di fiori i cui petali sono rigorosamente rossi. Gorgonie, gorgonie e ancora gorgonie, ovunque ci sono grandi ventagli di gorgonie di un rosso scarlatto, quasi innaturale. I loro polipi aperti ondeggiano adagio nel blu, seguendo l’inclinazione dettata dalle correnti, motivo principale della loro presenza massiccia.

Impossibile restare indifferenti a questo spettacolo inusuale.

Procediamo verso prua. Ci avviciniamo ad una gruetta porta-scialuppe, anche lei rivestita da gorgonie. Illumino un ventaglio decisamente più grande di me. Un uovo di gattuccio adagiato tra le ramificazioni delle folte gorgonie attira la mia attenzione.

Ovunque si posi lo sguardo si è attratti da qualche cosa di colorato e di grande. Proseguiamo pinneggiando con calma tra la quantità di pesci che paiono indisturbati dalla nostra presenza, saraghi, dentici, qualche aragosta, murene e gronghi sono gli abitanti di questo luogo. Sull’argano è arrotolata la cima in perfetto ordine, come fosse pronta per essere usata un’altra volta. E’ avvolta da una miriade di Anthias il cui colore rosa si staglia nel blu sotto la luce della mia torcia. Procediamo. Arrivati in prossimità della prua resto sospesa nell’acqua ad osservare il compagno che adagio, plana verso il fondo sabbioso del relitto mentre il blu scuro lo avvolge. Nell’orizzonte sommerso la sua figura si fa piccola. Intanto mi sposto leggermente sulla fiancata di sinistra, seminascosta dalle gorgonie prepotenti ed esagerate nella loro dimensione. Un segnale luminoso del compagno puntato verso di me, interrompe le mie riflessioni.

Pinneggio leggermente e, sporgendomi ancor più all’esterno mi lascio scivolare verso il basso. Sotto di me la fiancata sinistra è un inno alle bellezza di queste Paramuricee rivolte al cielo d’acqua cui mostrano orgogliose la loro bellezza. Procedo verso il fondo sfiorandone gli ampi ventagli, non vorrei toccarle, ma sono incredibilmente grandi. Rallento, la mia figura sparisce nuovamente nell’ampia apertura dei loro rami, sotto di me intravedo il fondale di sabbia chiara. La corrente si ripropone corposa, faccio fatica a restare immobile accanto alla fiancata, mentre il compagno scatta immagini. Non resisto cedo alla corrente senza più contrastarla lasciandomi spingere in avanti, verso la punta di prua.

La quantità esagerata di gorgonie ha colonizzato buona parte del relitto e a fatica si scorge la sua sagoma. Raggiungo il compagno. Ci portiamo di fronte alla prua e affiancati sfiorando il fondale osserviamo lo spettacolo mozzafiato. La prua del Togo interamente ricoperta di gorgonie sembra volerci sommergere. Il nostro tempo si consuma osservando questo spettacolo raro, un tempo che sott’acqua è sempre troppo poco. Dobbiamo risalire.

Dentici e saraghi curiosi accompagnano nel tragitto del ritorno. Il percorso a ritroso lo facciamo sul fianco opposto della nave, risalendo poi sul ponte. Appoggiate sulla coperta, una coppia di ancore di dimensioni notevoli catturano la nostra attenzione. Ci fermiamo. Sul bordo due gigantesche bitte completano questo scorcio accattivante. Intravedo una struttura non ben identificata del relitto, sembra un ramo fiorito. Chiedo al compagno ancora un minuto, mi avvicino, scivolo adagio quasi appoggiandomi sul fondo per osservarlo meglio. Sorpresa! Non sono sola, intorno a me un branco di triglie immobili mi osservano.

Rivolte nella mia direzione si mischiano col rosso che ricopre questa struttura; mi sento osservata.

Il tempo inesorabile e spietato mi obbliga ad andarmene e raggiungere la cima di risalita dove il compagno mi sta aspettando. Ce ne andiamo. Mi volto verso il Togo che mi ha regalato un forte desiderio di tornare. La nostra lenta risalita mi regala ancora per un attimo l’immagine della poppa ormai lontana una cinquantina di metri….chissà quali segreti o sorprese nasconde? Qualche metro ancora e l’immagine opaca è riavvolta dal blu cobalto che si impossessa nuovamente di ciò che gli appartiene. Ci vorranno molti altri tuffi per conoscerlo meglio, percorrere i corridoi laterali e scoprire i giochi di colore infiniti della luce che filtra nel suo interno. Restano le emozioni stampate dentro di me e il vissuto sommerso che accompagna la nostra risalita alla superficie.

 

 


Il Togo o Ville de Valence

Il Togo era una nave da carico principalmente usata per il trasporto del carbone.

La sua stazza è di 1484 tonnellate, lunga 78,5 metri e larga 10,5 metri.

La Compagnia di navigazione Havraise Penisulaire acquistò la nave e la ribattezzò “Ville de Valence”.

Fu venduta nel 1906 alla compagnia Becchi Lalagno di Savona e prese il nome di L’Amour.

Nel 1912 acquistata dalla compagnia genovese Ilva è battezzata col nome Togo.

Il 12 maggio 1918 urtò una mina di 150 kg lasciata dal sottomarino posamine costiero UC 35.

Il Togo fu spezzato in due parti.

Il relitto, scoperto nel 1977, ha la parte prodiera su un fondo di 58 metri, mentre la poppa giace ad un centinaio di metri di distanza su un fondale di –68 metri.